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Dichiarazione di dipendenza

Ho bisogno di dirti delle cose, ma non voglio parlarti.

Potrei mettere da parte l’orgoglio forse, ma non la dignità.

Non so neanche da dove iniziare, non so neanche da dove è iniziata e perché. Cosa mai ci ha avvicinati? La notte e il giorno, io e te, il tempo infinito a litigare, ma valeva sempre la pena di far pace.

Ti ho chiesto scusa per averti maltrattato, sottovalutato, non capito. Mi pento di quelle scuse, ma ancor più mi pento di averlo fatto. Di non aver lavorato per noi, trincerata dietro un “tanto finirà” di razionalità glaciale. L’ho detto così tante volte da averti convinto. Sai cosa? Io non ci ho mai creduto.

Sei la persona peggiore del mondo, arrogante, viziata ed ipocrita, ma non lo eri con me. Ci siamo smussati gli angoli a vicenda, giusto un po’. Ci siamo sfiorati, incrociati, scontrati, ci siamo letti la verità negli occhi e l’abbiamo versata sull’altro come cubetti di ghiaccio lungo la schiena. Tu e la tua perenne mancanza di tatto, e le rose per sostituire l’unica parola che non pronunci mai.

Ad alta voce dico che è stata solo una menzogna, così che tu possa sentirmi. Ma al buio, fra queste lenzuola fra cui non ci sei più, mi resta solo una casa vuota, che pensavo sarebbe stata anche tua.

 

 

Candele spente

Mi è tornato in mente quando mi dicesti “sai, non trovavo il numero della zia di Napoli, allora ho fatto il numero del nonno perché ho pensato che di sicuro lui lo aveva”. E mi sembrò dolce ma anche un po’ assurdo, perché nonno non rispondeva più a quel telefono da anni ormai.

Volevo dirti che è così che mi sento. Quando non trovo un maglione nell’armadio o un utensile in cucina, vorrei urlarti una domanda banale per sentire la tua voce provenire dall’altra camera, o il tuo passo inciabattato perché “tanto sta là, non trovi mai niente”.

E mi si è fermato in gola un “sì, andiamo, ma prima avvisa mamma” l’altra sera, prima di uscire con papà.

Forse adesso lo capisco anch’io cosa significa aver sempre riposto tutta una serie di certezze in una persona per trovarsi a mani vuote. Un po’ come se tu ci sia sempre, un po’ come se non ci sia mai stata.

È il secondo compleanno senza nessuno a cui fare gli auguri.

Sei mesi e cinque giorni

E pensavo “che scema, farmi gli auguri anche su facebook quando sei nella stanza accanto”.
Ma stamattina quella chiamata non è arrivata, e non arriverà.

È un po’ come se me li avessi fatti anche quest’anno.
Grazie.