Ho bisogno di dirti delle cose, ma non voglio parlarti.
Potrei mettere da parte l’orgoglio forse, ma non la dignità.
Non so neanche da dove iniziare, non so neanche da dove è iniziata e perché. Cosa mai ci ha avvicinati? La notte e il giorno, io e te, il tempo infinito a litigare, ma valeva sempre la pena di far pace.
Ti ho chiesto scusa per averti maltrattato, sottovalutato, non capito. Mi pento di quelle scuse, ma ancor più mi pento di averlo fatto. Di non aver lavorato per noi, trincerata dietro un “tanto finirà” di razionalità glaciale. L’ho detto così tante volte da averti convinto. Sai cosa? Io non ci ho mai creduto.
Sei la persona peggiore del mondo, arrogante, viziata ed ipocrita, ma non lo eri con me. Ci siamo smussati gli angoli a vicenda, giusto un po’. Ci siamo sfiorati, incrociati, scontrati, ci siamo letti la verità negli occhi e l’abbiamo versata sull’altro come cubetti di ghiaccio lungo la schiena. Tu e la tua perenne mancanza di tatto, e le rose per sostituire l’unica parola che non pronunci mai.
Ad alta voce dico che è stata solo una menzogna, così che tu possa sentirmi. Ma al buio, fra queste lenzuola fra cui non ci sei più, mi resta solo una casa vuota, che pensavo sarebbe stata anche tua.